Il vescovo è una figura molto importante all’interno della comunità religiosa. È direttamente responsabile di intere diocesi ed è considerato dal cattolicesimo, dall’ortodossia, dall’anglicanesimo e da tutte le chiese che credono all’episcopato storico, un successore degli apostoli.
Vista l’importanza di questa figura, la nomina dei vescovi nella chiesa cattolica segue un procedimento molto complesso. Non dimentichiamoci che hanno un ruolo essenziale nella selezione e scelta del papa e anche per questo il processo che porta alla loro nomina ha acquisito un valore sempre più grande.
Il percorso di nomina varia in base a particolari fattori, come ad esempio la provenienza del vescovo da una chiesa latina o orientali, oppure ancora a seconda della posizione geografica della diocesi, dell’ufficio che il candidato dovrà occupare e se ha già ricevuto l’ordinazione episcopale.
Vuoi saperne di più sulla loro nomina? Scopriamolo assieme!
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Nomina dei vescovi: tra storia e tradizione
In origine i vescovi venivano scelti dal clero locale sotto approvazione dei vescovi vicini. Secondo la tradizione quindi al vescovo appena eletto viene concessa l’autorità dai vescovi che hanno partecipato all’elezione e che hanno eseguito l’ordinazione. I vescovi delle diocesi più importanti chiedevano dunque l’accettazione da Roma.
Infatti i primi padri della chiesa testimoniano che la Chiesa di Roma, e la sua diocesi, era il punto centrale dell’autorità. Questo conferma la dipendenza della chiesa universale da Roma per qualunque azione: consulenze, mediazione di controversie e per le questioni dottrinali. Nel corso del primo Concilio di Nicea, nel 325, il vescovo metropolita aveva un ruolo di grande importanza nella selezione.
Nel Medioevo i governanti richiesero ai vescovi romani il loro consenso per confermare l’elezione compiuta da altre figure, ma anche il diritto di scegliere direttamente i vescovi e questo perchè spesso le cariche erano ricoperte dai signori di un determinato territorio del regno. Da questo momento in poi, le lotte per conquistare le investiture modificarono nel profondo il processo di nomina. In alcuni casi possiamo vedere esercitare il diritto di nomina o di veto, oppure ancora di presentazione, ai re e alle autorità secolari fino alla seconda metà del XX secolo.
Nel 1871 si verificò un cambiamento radicale nel diritto e nella pratica. Infatti in quell’anno la legge delle Guarentigie, promulgata dal presidente del Consiglio dei ministri Camillo Benso conte di Cavour, conferì al papa il diritto di scegliere i vescovi del Regno d’Italia.
La nomina per le 237 diocesi, dopo l’unità d’Italia era nelle mani del re Vittorio Emanuele II di Savoia. Invece, prima dell’unità, spettava ai diversi regnanti fare le nomine e il papa si limitava esclusivamente a nominare solo i vescovi delle diocesi appartenenti allo Stato della Chiesa.
Infine, il Codice Piano Benedettino del 1917 ha conferito definitivamente alla chiesa romana e al papa, le decisioni relative alla scelta dei vescovi. Nel XX secolo, i privilegi di cui godevano le restanti autorità secolari diminuirono, fino a quando il Concilio Vaticano II (1962 – 1965) ha conferito il diritto esclusivo di nominare i vescovi all’autorità ecclesiastica competente e chiese alle autorità civili, ancora in possesso dei diritti e dei privilegi in questo campo, di rinunciarvi in modo volontario.
Procedura per la nomina dei vescovi nelle Chiese cattoliche di rito latino
Quando si parla di nomina dei vescovi occorre fare una distinzione tra la chiesa cattolica di rito latino e quelle orientali. Per quanto riguarda le chiese latine, il Codice di diritto canonico afferma al 75° anno di età i vescovi diocesani devono presentare le loro dimissioni al papa. I vescovi dovrebbero presentare le dimissioni anche in presenza di problemi di salute o altre gravi questioni che possono rendere inefficiente il loro lavoro di ufficio. La lettera di dimissioni deve essere inoltrata al nunzio apostolico o al delegato apostolico, ovvero chi rappresenta il papa nel paese o nella regione di appartenenza del vescovo.
A questo punto viene trasmessa la comunicazione al dicastero della Santa Sede che ha la responsabilità della selezione dei vescovi per il paese in questione. Il dicastero preposto per dare inizio al processo di nomina è la Congregazione per i vescovi. La Congregazione presenta l’offerta di dimissioni del vescovo al papa che può rifiutare l’offerta oppure accettarla con effetto immediato.
Nel caso di vescovi diocesani che hanno raggiunto i 75 anni, la richiesta viene accettata con effetto a partire dalla data di pubblicazione della nomina di un successore. Questa procedura è conosciuta come accettazione nunc pro tunc (ora per ora).
Quando si procede con la scelta di un vescovo un dato importante riguarda l’elenco dei sacerdoti, sia del clero diocesano che di quello religioso, così come i vescovi della provincia ecclesiastica o dell’intera della Conferenza episcopale. Questi sono tenuti a redigere la lista almeno una volta ogni tre anni, per averla sempre aggiornata e pronta all’uso.
Quando si deve nominare il vescovo di una diocesi, il rappresentante pontificio chiede al vescovo dimissionario oppure, in sua assenza, al vicario generale uscente o all’amministratore diocesano, di redigere una relazione che definisce la situazione e le necessità della circoscrizione. Il rappresentante pontificio è obbligato a consultare l’arcivescovo metropolita e gli altri vescovi della provincia, il presidente della Conferenza episcopale e i membri del collegio dei consultori e del capitolo della cattedrale.
Secondo la legge canonica è necessario che le persone consultate forniscano informazioni ed esprimano le loro opinioni in modo del tutto confidenziale, in seguito a una consultazione individuale e segreta.
A questo punto il nunzio compila una breve lista di tre candidati per effettuare le indagini necessarie e cercare informazioni precise su ogni candidato alla nomina. Per evitare che la gente possa pensare che le esclusioni siano ingiustificate, il nunzio chiede alle persone consultate di osservare la massima riservatezza sul fatto della consultazione. Dopo di che si invierà alla Santa Sede una lista, chiamata “terna”, con i nomi dei tre candidati più appropriati a ricoprire l’ufficio.
Ogni candidato deve possedere particolari qualità, elencate nel canone 378. Oltre ad avere almeno 35 anni ed essere sacerdote da almeno 5 anni, l’aspirante vescovo deve essere eminente per fede salda, buoni costumi, pietà, zelo per le anime, saggezza, prudenza e virtù umane, e deve essere dotato di tutte le qualità che lo rendono idoneo ad assumere l’incarico. Inoltre, deve aver conseguito una laurea dottorale o avere la licenza in Sacra Scrittura, teologia o diritto canonico in un istituto di studi superiori approvato dalla Sede Apostolica, oppure ancora deve essere esperto in queste discipline.
Una volta ottenuta la documentazione, la Congregazione della Curia romana responsabile della nomina esamina quanto ricevuto dal nunzio tenendo conto della sua opinione. La Curia potrebbe anche rifiutare tutti i candidati proposti e chiedere al nunzio di preparare una nuova lista, oppure può chiedere maggiori informazioni su uno o più sacerdoti presentati.
Dopo aver scelto i nomi dei candidati, la Congregazione presenta le sue conclusioni al papa, chiedendogli di effettuare la nomina. Se il papa concorda con queste decisioni, la nomina papale viene comunicata al nunzio per raggiungere il consenso del sacerdote alla sua nomina e scegliere la data per la pubblicazione.
Il vescovo appena nominato riceve la consacrazione episcopale entro tre mesi dall’arrivo della bolla papale di nomina. Quando la consacrazione avviene all’interno della stessa diocesi, l’eletto prende immediatamente possesso dell’ufficio. In caso contrario, dopo la consacrazione è necessario un atto separato che permette al vescovo di prendere possesso della diocesi.
Portare a termine il processo richiede molto tempo, di solito sono necessari almeno nove mesi fino ad arrivare, in alcuni casi, anche due anni.
Vescovi delle Chiese cattoliche orientali: come avviene la nomina?
Ti abbiamo raccontato come avviene la nomina nelle chiese cattoliche latine. E in quelle orientali, qual è il procedimento? L’elezione dei vescovi nelle chiese rito orientale è regolamentata dai canoni 180-189 del Codice dei canoni. In particolare sono previste due procedure:
- Una riguarda le Chiese patriarcali e le Chiese arcivescovili maggiori, entro i confini del territorio proprio, i vescovi vengono eletti dal sinodo dei vescovi della Chiesa patriarcale o arcivescovile maggiore;
- Negli altri casi, la nomina è di competenza alla Santa Sede.
Prima di eleggere un vescovo, il sinodo patriarcale esamina i nomi proposti dai suoi membri ed elabora un elenco di quelli che ritiene validi candidati all’episcopato. Quando il sinodo si riunisce per nominare un vescovo non è necessario avviare una procedura specifica se la persona scelta è presente nell’elenco dei candidati. Se invece non è presente è necessario chiedere l’approvazione del papa prima di comunicare al nuovo eletto la sua nomina e attendere il suo consenso.
Le nomine sono pubblicare nei bollettini ufficiali e nei mezzi di informazione della Santa Sede in una sezione riservata.
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