Il vino da messa ha un valore simbolico di estrema importanza in quanto rappresenta il Sangue di Cristo e del suo sacrificio per noi fedeli. Il vino è una presenza costante nelle Sacre Scritture. Fin dall’antichità era un elemento santificatore di festa, condivisione, vita e gioia. Dalla cultura ebraica a quella cristiana, dove assume un ruolo centrale come essenza carnale di Cristo. Ancora oggi lo consideriamo come la manifestazione tangibile della presenta reale di Cristo, una manifestazione che si rinnova nel corso di ogni messa nel momento dell’Eucarestia.
Nelle Sacre Scritture possiamo individuare diverse occasioni in cui il vino è protagonista. Basti pensare all’episodio delle Nozze di Cana durante le quali Gesù trasformò l’acqua in vino e dove, per la prima volta, dimostrò il Suo potere. Va da sé che il vino usato per celebrare la messa non può essere un semplice vino ma deve rispettare determinate caratteristiche per essere considerato idoneo. Le regolamentazioni riguardano il procedimento che portano alla realizzazione del prodotto, ovvero standard davvero molto rigidi.
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Come si produce il vino da messa
Per produrre il vino da messa è necessario ottenere l’autorizzazione da parte della Curia. Una volta ottenuta non è valida per sempre ma occorre rinnovarla ogni due anni al fine di garantire la purezza del prodotto.
Il vino non deve contenere altre sostanze oltre all’uva genuina, non contaminata da additivi che andrebbero a vanificare la validità nel sacramento eucaristico. Per garantire l’autenticità, il vino viene sottoposto a esami periodici su campioni condotti da un vicario foraneo addetto al controllo. Se i test danno esito positivo allora la Curia potrà rilasciare il certificato sul vino prodotto, apponendo il sigillo vescovile.
La regolamentazione del vino da messa è stabilita nel Codice di Diritto Canonico, all’interno del quale troviamo scritto: Vinum debet esse naturale de gemine vite et non corruptum, ovvero “il vino deve essere naturale, del frutto della vite e non alterato”.
Caratteristiche del vino da messa
L’elemento più importante quando si parla di vino da messa riguarda la sua purezza. Anche chi è destinato a produrre il vino deve rispettare specifici canoni ma in linea generale, se si possiedono i requisiti, tutti possono produrlo. Il produttore può essere sia una cantina privata e sia una legata cantina a conventi, monasteri e istituzioni religiose: l’unico elemento decisivo è che questa ottenga l’autorizzazione da parte della Curia.
Anche il colore del vino rappresenta una questione importante. Fino al 1880 il vino poteva essere esclusivamente di colore rosso, per simboleggiare meglio il Sangue di Cristo. A partire dal 1880 si iniziò a dare maggiore libertà al sacerdote che, ancora oggi, può scegliere se utilizzare il vino rosso o quello bianco. Quest’ultimo viene scelto molto spesso perché risulta più delicato e semplice da rimuovere da paramenti e arredi sacri in caso di gocce. Il vino rosso tende a macchiare rischiando di rovinare irreparabilmente i tessuti con cui entra in contatto.
Con il tempo si è consolidata la preferenza verso vini liquorosi per sfruttare le proprietà che gli consentono di durare più a lungo, visto il consumo esiguo che se ne fa durante la messa. In questo modo è possibile limitare inutili sprechi che porterebbero il sacerdote a buttare il vino rimanente, poco dopo averlo aperto.
Il vin santo prende spazio tra i vini da messa diventando uno dei preferiti dai sacerdoti.
Vin santo per la messa
Il vin santo è un tipico vino bianco dolce che, se rispetta i requisiti appena indicati, può essere usato come vino da messa. Il suo nome e le caratteristiche sono le stesse del vino toscano usato per accompagnare i dessert, soprattutto con i cantucci (biscotti alle mandorle), e particolarmente diffuso nella ristorazione del Centro Italia. Secondo la tradizione, il nome è legato al fatto che nel XIV secolo questo vino veniva dato solo agli appestati come vino da messa e che questi fedeli lo definivano “santo” . A incentivare l’uso di questo nome c’è il fatto che iniziò a circolare la voce degli effetti miracolosi che sembrasse avere sui fedeli che lo consumavano.
Questa credenza si collega anche al fatto che generalmente la lavorazione del vin santo avviene nel periodo liturgico della festa di Ognissanti, ovvero quando l’uva viene spremuta. Per la sua produzione è previsto l’uso di grappoli di uva bianca fatti appassire dopo averli raccolti seguendo un procedimento antico che enfatizza la dolcezza del prodotto finale.
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