Il santino con preghiera è uno strumento molto utile per guidare la meditazione del fedele. Ogni santo è associato a una orazione che aiuta il cristiano a rivolgere le sue parole a Dio per gentile intercessione del santo. Fu Teresa d’Avila a scrivere, nel 1566 nel suo Cammino di perfezione: “Cercate di avere un’immagine oppure un dipinto di N. Signore e non accontentatevi di portarlo sul cuore, senza mai guardarlo, ma usatelo per “conversare” con Lui”.

Il santino è indispensabile dunque per sostenere la fede, esaltare l’amore per Gesù e per la Trinità. Ricordiamo inoltre che è stato il primo intento di realizzate immaginette sacre con lo scopo di stimolare in modo semplice e naturale la propria devozione verso Dio.

Ma come nasce il santino con preghiera e perchè è così importante per noi? Continua a leggere!

L’origine dei santi con preghiera

I primi a dedicarsi all’illustrazione dei testi sacri sono stati i monaci benedettini, precursori delle immagini
sacre
. A testimonianza di quanto appena detto, possiamo prendere la realizzazione dell’introduzione dei “rotoli
liturgici” nel Beneventano, nei secoli XI-XIII, in occasione della recita dell’Exultet nella notte
prima di Pasqua. Accuratamente decorata dalle mani esperte dei monaci.

Il termine “santino” compare per la prima volta nelle Lettere del Malagotti del 1736. Così recita: “Non
mi dimentico de’ santini che vi ho promesso!”. Nel 1738 il Forteguerri nel Ricciardetto, in modo scherzoso afferma che: “In questo ben sapea ch’era tantino/ E ‘l numero dicea delle peccata/Onde il maestro davami il santino!”. Si trova il termine “santino” anche nel “Vocabolario della Crusca” e nel “Dizionario della lingua Italiana” di Niccolò Tommaseo, scritto dopo il 1854, propone la definizione: “Santino, Immaginetta di Santo, stampata in legno o rame, o sovente miniata”.

In realtà, l’immagine religiosa per la Chiesa ha una triplice funzione: in parte quella ornamentale all’interno delle chiese stesse e dei luoghi di culto, in parte quella di insegnamento e di divulgazione ed infine quello di incitamento alla pietà.

Appare evidente che l’immaginetta religiosa è destinata in particolare alla funzione divulgativa della devozione. La sua diffusione è legata ai cambiamenti della mentalità, soprattutto tra il XIV secolo e la prima metà del XX, periodo nel quale si proponevano principi morali, di fede e amore tipici della vita cristiana e adattando schemi che riguardavano i più grandi Misteri. In alcuni momenti, soprattutto in quelli di necessità spirituale, diventavano un mezzo di conforto, di dialogo con Dio e di intercessione presso i suoi Santi.

La creazione di immagini sacre

Già a partire dal Quattrocento e nel Cinquecento, le monache e i frati trascorrevano parte della vita monastica a dipingere immaginette sacre su pergamena per donarle ai fedeli più cari oppure per usarle negli esorcismi. In quest’ultimo caso, alcuni santini su ostia venivano fatti ingoiare per guarire le persone da mali morali o fisici.

Nella prima metà del XIV secolo possiamo individuare le prime stampe su carta, create a partire da un disegno inciso su matrice di legno che, seppur in perfetta unione con la religiosità erano di fattura un po’ grossolana. Con il tempo, soprattutto in Baviera, nelle Fiandre e in Svezia, l’esecuzione è stata gradualmente affidata ai grandi artisti che iniziarono a trasformare quei semplici disegni elementari in piccoli capolavori. Si affinò la tecnica, si sostituì l’intaglio su legno con l’incisione diretta su rame o quella indiretta o acquaforte, che avveniva coprendo la lastra di metallo con una vernice trasparente su cui si effettuava il disegno, incidendo la superficie della vernice che veniva poi trattata con acidi diluiti.

In questo modo si otteneva una matrice indispensabile per la stampa su carta. Il risultato non era certo eccezionale, ma consentiva di stampare i santini in grande quantità, in bianco e nero, di
forma rettangolare, a cui spesso veniva associato un testo o una preghiera.

Tra la scoperta dei caratteri tipografici mobili da parte del Gutenberg, verso la metà del XV secolo, e con l’avvento della siderografia nell’Ottocento, iniziarono a comparire dei santi sempre più sofisticati da realizzare in poco tempo e in modo automatico.

Come si distribuivano le immaginette?

La distribuzione delle immaginette veniva fatta soprattutto durante le celebrazioni e le ricorrenze religiose di una certa importanza, nei ritiri spirituali o nei collegi gestiti dai diversi ordini religiosi oppure venivano diffuse nelle missioni presenti in tutto il mondo.

Solitamente venivano conservate nei messali, con un sentimento in parte religioso e in parte scaramantico.

Poi vennero usate anche come azione di catechesi per i bambini. In questo modo era più semplice imprimere nelle loro menti le immagini evocatrici che spesso venivano raccolte anche in piccoli libretti, corredati da una breve didascalia generica oppure da una frase estrapolata dai Vangeli.

Nel XX secolo il santino trova con le nuove tecniche una diffusione popolare ancora più ampia che lo trasforma in mezzo mediatico vero e proprio. Si poteva incontrare presso famiglie abbienti così come nelle celle dei
monaci, diventando un mezzo di divulgazione proprio come era stato concepito in origine.

Oggi possiamo incontrarli non solo nei messali, ma nei taschini delle giacche, nei portafogli, nelle macchine, incorniciati e  tenuti sul comodino, accanto alla culla del bambino e molto altro.

Grazie a questo piccolo strumento, il fedele può ritrovare nella sua più assoluta intimità, la stessa emozione provata nei momenti di partecipazione religiosa.

È anche vero che al giorno d’oggi non si ha più molto tempo per dedicarsi alle immaginette. Per decenni però abbiamo assistito a una vera e propria caccia ai santini del passato che, recuperati dall’indifferenza popolare dei mercanti di carta e dei messali di famiglia, riapparivano negli album dei collezionisti, ancora ricche di fascino.

Come catalogare i santini?

Quando si parla di santini si ha a che fare con un argomento piuttosto vasto in cui può sembrare complesso individuare una catalogazione delle immagini. Quando si parla di collezionismo di santini spesso non ci si limita solo a questi ma si passa anche alla raccolta di calendari, cartoline religiose e tutto ciò che può rappresentare un santo a cui siamo devoti o più in generale tutti i santi.

Il primo step dunque è trovare una logica per la sistemazione delle immaginette. Una strada può essere quella di seguire il proprio gusto personale oppure scegliere una tematica particolare da mantenere per tutta la catalogazione dei santini.

Come saprai, il collezionista non ha l’obbligo di seguire regole rigide o convenzioni precise per sistemare il suo
materiale. È sufficiente suddividere i santini, usando delle schede dotate di una descrizione accurata oppure sistemandoli in appositi cataloghi. Si posso classificare per serie, per periodo, per casa editrice o semplicemente per argomenti.

È possibile collezionare solo le Madonnine generiche, oppure le Madonne che rispondono a un particolare nome, le Madonne Incoronate dal Capitolo Vaticano, oppure ancora le Litanie dedicate a Maria. La stessa regola si può applicare a Gesù e ai Santi.

Come si conservano i santini?

Ogni collezionista potrà sbizzarrirsi come meglio crede e scegliere uno dei numerosi album presenti in commercio. Esistono alcune versioni molto simili a quelli per le fotografie, con le taschine trasparenti che permettono di vedere il santino e proteggerlo allo stesso tempo.

Per i più esigenti esistono soluzioni che permettono di creare autonomamente dei classificatori, ad esempio usando un raccoglitore ad anelli come archivio e decorando la copertina secondo il proprio gusto personale.

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