Sant’Antonio Abate è un santo festeggiato in tutta Italia, da nord a sud, con l’accensione del falò e la benedizione degli animali. Una delle celebrazioni più sentite è quella che si svolge in Sardegna e che segna l’inizio del Carnevale. Ma anche nel Salento, a Novoli, si festeggia in modo particolare con la Fòcara, una pira di 25 metri e larga 20 cm, considerata la più grande del Mediterraneo.
Si tratta di uno dei santi più illustri e celebri della storia della Chiesa. Ma chi era Sant’Antonio Abate e qual è la sua storia? Scopriamolo assieme!
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La storia di Sant’Antonio Abate
Antonio nasce a Coma in Egitto nel 251 circa ed era figlio di agiati agricoltori cristiani. All’età di vent’anni rimase orfano, con un discreto patrimonio da gestire e una sorella minore a cui badare. Molto presto sentì la vocazione che lo esortava a seguire il Signore: “Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi e dallo ai poveri”. Per questa ragione, il giovane Antonio decise di distribuire i beni della famiglia ai poveri e di affidare sua sorella a una comunità femminile. Così iniziò la sua vita solitaria, vivendo in preghiera, castità e povertà.
Nel corso della sua vita, attirati dalla sua santità, giungevano pellegrini e bisognosi da tutto l’Oriente. Lo stesso imperatore Costantino e i suoi figli si recarono da Antonio per ricevere i suoi consigli.
Lasciò il suo romitaggio due volte. La prima occasione fu per confortare i cristiani di Alessandria, perseguitati da Massimo Daia. La seconda volta invece, fu per via di un invito ricevuto fa Atanasio per esortarli alla fedeltà verso il Concilio di Nicea.
La visione di Sant’Antonio Abate
Nella sua angiografia, scritta da Atanasio e pubblicata nel 357 circa, si racconta che durante la sua vita da eremita, ebbe una visione che gli mostrò un altro eremita come lui che trascorreva il suo tempo tra la preghiera e l’intreccio di una corda. Questo gli permise di capire che, oltre alla preghiera, era importante dedicare il proprio tempo a una qualche attività concreta. Ispirato da questa visione condusse una vita ritirata dove i frutti del suo lavoro gli servivano per procurarsi il cibo e fare carità.
Nei primi anni da eremita era tormentato da molte tentazioni e iniziarono a comparire i primi dubbi sulla sua vita solitaria. Grazie al dialogo con altri eremiti riuscì a non cedere alle tentazioni e venne esortato a perseverare. Seguì il loro consiglio di allontanarsi radicalmente dal mondo per allontanare i pensieri che potevano distoglierlo dal suo percorso di fede.
Così, coperto da un panno decise di chiudersi all’interno di una tomba scavata nella roccia vicino al villaggio di Coma. Qui incontrò il demonio che lo aggredì lasciandolo senza sensi. Venne raccolto da persone del villaggio che gli portavano il cibo, e fu trasportato nella chiesa di Coma dove riacquistò le forze.
L’iconografia del santo
Nell’iconografia tradizionale, Sant’Antonio Abate è circondato da donne procaci, simbolo delle tentazioni, oppure da animali domestici come il maiale, di cui è il protettore. Accanto a questa immagine compare quella del fuoco, tipicamente rappresentativo del santo. Questa associazione ha a che dare con il racconto secondo cui il santo si recò in visita all’inferno per contendere al demonio le anime peccatrici.
Ma perché viene associato anche agli animali, in particolare all’allevamento dei maiali? I sui discepoli tramandarono alla chiesa la sapienza del santo, trascritta in 120 detti e in 20 lettere. Tra queste, Sant’Antonio scrisse: “Chiedete con cuore sincero quel grande Spirito di fuoco che io stesso ho ricevuto, ed esso vi sarà dato”.
Solo nel 561 fu scoperto il suo sepolcro e le reliquie iniziarono a viaggiare per tutto il mondo, da Alessandria a Costantinopoli, fino ad arrivare in Francia nell’XI secolo a Motte-Saint-Didie e qui venne costruita una chiesa in suo onore. Le sue reliquie furono venerate da tutti i fedeli, folle di malati si recavano in pellegrinaggio per trovare la guarigione. A quei tempi il morbo più diffuso era causato da un avvelenamento dovuto a un fungo presente nella segala, usata per fare il pane. Questa malattia era conosciuta con il nome di “ignis sacer” per via del bruciore che causava. Per accogliere i malati si costruì un ospedale e una Confraternita di religiosi, un antico ordine ospedaliero chiamato “Antoniano”. Il villaggio prese il nome di Saint-Antoine di Viennois. Dopo poco tempo, il papa gli concesse il privilegio di allevare maiali per uso proprio a spese della comunità. I porcellini erano liberi di passeggiare per la comunità, tra i cortili e le strade, e nessuno li toccava se portavano la campanella come segno di riconoscimento.
Il loro grasso dei maiali veniva usato per curare l’ergotismo che venne prima chiamato “il male di Sant’Antonio” e poi “il fuoco di Sant’Antonio“. Per questo motivo il maiale inizia a essere associato all’eremita egiziano, considerato poi il santo patrono dei maiali e per estensione di tutti gli animali domestici e della stalla.
Nella sua iconografia, il santo viene spesso raffigurato con accanto un maialino con la campanella ma anche il bastone degli eremiti a forma di T, l’ultima lettera dell’alfabeto ebraico e quindi simbolo delle cose ultime e del destino.
Tra gli altri attributi iconografici, associati al santo, troviamo:
- Il Pastorale, se raffigurato in abiti da abate, in alcuni casi con un campanello
- La Mitra, se raffigurato in abiti abbaziali, sulla testa, ai piedi o sorretta da angeli
- La Corona del Rosario, in mano oppure pendente dal bastone
- Il Libro delle sacre scritture, in mano, solitamente aperto, ai piedi oppure sostenuto da angeli
- Il Fuoco, sul libro o ai piedi, per richiamare la protezione del santo sui malati del fuoco di Sant’Antonio
- Un’Aquila ai piedi
- Il Serpente, schiacciato dal piede
L’immagine del santo è molto diffusa tra i fedeli di tutto il mondo, soprattutto per la sua vicinanza con gli animali domestici. Avere una statua di Sant’Antonio Abate a casa ci permette di ricordare la forza della sua fede, rappresentando un grande esempio per ogni cristiano.
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